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lunedì 8 agosto 2016

Le magnifiche sorti (e progressive) della cultura scientifica degli italiani

Su «La repubblica» di oggi (lunedì 8 agosto 2016, p. 21) si riporta e commenta un'indagine sulla cultura (o ignoranza) scientifica in Italia, basata su tre domande ripetute ogni anno. Ne hanno parlato anche a Superquark.
Secondo il giornalista, i dati «sfatano decisamente» il «diffuso stereotipo» secondo cui l'Italia sarebbe «un Paese "scientificamente analfabeta", pervaso da diffusa ignoranza e scarso interesse nei confronti della scienza».
Lasciamo da parte il titolo, e lasciamo alla sua beata soddisfazione anche il commentatore.

Il grafico in alto (nel giornale) ci dice che poco meno del 40% degli italiani pensa che il Sole sia un pianeta (la risposta esatta è scelta dal 62,5%). Ci si può consolare vedendo che nel 2008 gli italiani che pensavano che il Sole fosse un pianeta erano addirittura la maggioranza (51,1%).
D'accordo, un miglioramento c'è stato, per tutte e tre le domande campione: per esempio solo dal 2013 la maggioranza degli italiani sa che gli antibiotici uccidono i batteri e non i virus (ma il 43% ancora non lo sa).
L'articolo, peraltro, rileva giustamente che il miglioramento dipende essenzialmente dal ricambio generazionale, con i giovani che sono mediamente assai più istruiti degli anziani. Un po' più d'istruzione, quindi un po' meno d'ignoranza.


Ma se il primo grafico ci dice comunque che stiamo molto indietro (di cent'anni, o più?), gli altri due ci danno vari altri elementi di riflessione.
Quello sull'età ci dice che gli ultrasessantenni hanno punteggi molto bassi (più del 20% sbaglia tutte e 3 le risposte e solo il 20% le azzecca tutte) ma che tra le altre tre fasce (da 45 a 59 anni, da 30 a 44 e da 15 a 29) le differenze sono piuttosto lievi. La percentuale di risposte tutte sbagliate è perfino un po' più alta per i trentenni che per i cinquantenni.

La percentuale di risposte tutte esatte cresce di pochissimi punti tra le tre fasce. Nella generazione più giovane, meno dell'80% arriva a 2 risposte giuste su 3. (E stiamo parlando del Sole, non dei satelliti di Giove o degli anelli di Saturno).
Anche il grafico sui titoli di studio non è poi tanto confortante. È vero che, in questo caso, i 4 scalini (licenza elementare, licenza media, diploma e laurea) sono nettissimi, e anche piuttosto uniformi (lo scalino più vistoso è tra licenza media e diploma). Insomma più istruzione = molta meno ignoranza, non ci piove.

Ma i valori assoluti, vi sembrano buoni? Va bene che solo il 40% dei diplomati risponda correttamente a tutte e 3 le domande, e poco più del 50% dei laureati? E che un quarto dei diplomati ne sbagli 2 su 3 (sì, due)?
Insomma, da qualunque lato la si guardi, non c'è proprio da stare allegri. Il livello d'ignoranza scende un po', ma rimane tragico. La scuola fa salire dei bei gradini, ma quello che ci si può aspettare da chi ha un certo titolo di studio non è molto.

(Non è un caso che poco tempo fa, per semplici funzioni di vendita e assistenza, l'Ikea in Italia selezionasse solo laureati: dovrebbero dare una certa garanzia di parlare italiano - e all'occorrenza magari qualche parola d'inglese -, saper misurare un armadio e scrivere un appunto per il cliente).

Ci si potrebbero domandare anche altre cose. Per esempio, c'è un miglioramento anche a parità di titolo di studio (o

invece, addirittura, c'è un peggioramento)? Ossia, il risultato dipende solo dall'aumento della percentuale di persone
con titoli di studio superiori, ma a parità di titolo di studio, se ne sa quanto prima, o anche meno?
E ancora, l'aumento riguarda tutte le aree, o tutte le fasce sociali, o è il risultato - come avviene per molti altri dati - di parti del paese che crescono e altre che rimangono al palo, o addirittura peggiorano?


In conclusione, ovviamente qualcuno si può domandare: ma che c'importa, in quanto comuni cittadini, di sapere cos'è il Sole? E, tanto più, di cosa sono gli elettroni? Obiezione comprensibile, almeno per gli elettroni: molto meno per gli antibiotici, che di fatto i comuni cittadini maneggiano abitualmente.
Ma il guaio principale, mi pare, è che tutto questo ci fa pensare che una metà degli italiani continui a pensare cose sicuramente sbagliate e superate da cent'anni e più anche su altri temi, più concretamente rilevanti (su medicina, alimentazione, ambiente, donne, bambini, stranieri, minoranze, istruzione, cultura, economia, diritto, prevenzione del crimine, ecc.).


Tornando ai dati, quello più grave, secondo me, è che la riduzione d'ignoranza fra le classi d'età è molto poca.

Considerazioni analoghe si sono fatte riguardo ai livelli di lettura, che alcuni decenni fa crescevano rapidamente con i livelli d'istruzione, ma ora non più, o molto poco.
Insomma non ci possiamo adagiare sul "progresso", com'era possibile fare per la gran parte del Novecento: di progresso ce n'è poco, e porta anche pochi risultati.
Ci vorrebbe proprio una bella svegliata, e una marcia in più.
(Tutto il contrario, perciò, del beato ottimismo dell'articolo, che sembra ignorare che l'Italia non sta messa male solo sulla cultura scientifica, ma su tutta l'istruzione, l'occupazione, l'economia, la politica, l'amministrazione pubblica, la sanità, l'ambiente, e via elencando i campi in cui ci vorrebbe, appunto, una bella svegliata, e una marcia in più).


(Ai dati si dovrebbe accedere da http://www.observa.it/alfabetismo-scientifico-italiani-2016-2/?lang=it.
L'articolo non lo vedo ancora sul sito del giornale)

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