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lunedì 30 ottobre 2017

Sistema universitario italiano e classifiche

Le "classifiche" delle università sono diventate uno degli sport preferiti (almeno ai vertici degli atenei e nella stampa), con il corollario di svarioni e smentite e, soprattutto, coll'abitudine dilagante a "fare notizia" senza capire da dove vengono i dati. Dati che sono in genere fortemente viziati dal prendere in conto pochissimi elementi (i più facili e meno costosi da rilevare, com'è ovvio), così da penalizzare, p.es., la didattica, le discipline umanistiche (p.es. facendo conteggi solo su database di scienze sperimentali), le culture nazionali (una di queste rileva, p.es., solo due riviste, pesantemente viziate nella selezione degli articoli), oltre ad usare modalità quanto meno spericolate per integrare i diversi indicatori (come è stato spiegato più volte su ROARS).
Tutto ciò dovrebbe essere ben noto, anzi evidente, ma non è su questo che vorrei proporre una riflessione.
Prendiamo l'ultima uscita (la segnalazione l'ho ricevuta oggi), ossia CWUR World University Rankings 2017 (<http://cwur.org/>). Facciamo finta che i dati (una classifica delle prime 1000 università del mondo) siano attendibili. L'esercizio si può, volendo, ripetere su altre classifiche "concorrenti".
Il dato più "notiziabile" in Italia, ovviamente, è che c'è solo un'università nelle prime 100, e poi altre 3 nelle prime 200, e che la prima si trova solo all'84° posto. Una débâcle?

domenica 29 ottobre 2017

Il catalogo di Pulcinella (Qualità dei cataloghi 14)

Nella letteratura bibliotecaria ci sono tante belle frasi su a che cosa servono le biblioteche, e sul fatto che le biblioteche producono informazioni bibliografiche di qualità. Ci fanno anche molti elmetti sul fatto che i cataloghi devono essere orientati agli utenti.
Poi, nel mondo reale, uno va a cercare i dati di un libro (anche solo per la pigrizia di digitarli) e trova roba così:




















giovedì 26 ottobre 2017

Alice nel paese delle meraviglie e gli imbroglioni

Due interessanti notizie (anzi tre), negli ultimi giorni, che hanno qualcosa in comune.
In Cina si scopre che, a forza di pompare la produzione (quantitativa) di articoli scientifici, come fosse la produzione di barili di petrolio, si pubblica un mare di articoli falsi, approvati da falsi referee.
Lo scandalo è segnalato da <https://www.scienzainrete.it/>, che rimanda a un buon articolo del «New York Times», <https://www.nytimes.com/2017/10/13/world/asia/china-science-fraud-scandals.html>
Però Alice nel paese delle meraviglie continua a pensare che la letteratura scientifica si basi sulla double-blind peer review (con tutto quello che sappiamo, prima della Cina, di cosa ne pensavano Einstein, Fermi e altri tizi che, evidentemente, di scienza capivano meno dei membri dell'Anvur).
Gli imbroglioni naturalmente ci sono sempre stati. Ma che dei professori (Anvur e ex-Anvur) credano a stupidaggini come il paesano sceso in città che abbocca al gioco delle tre carte davanti alla stazione, questo fa pena.
Meccanismi formali, sostanzialmente burocratici, facilmente manipolabili in mille modi, non garantiscono un bel niente, per quanto riguarda la qualità. La qualità si garantisce innanzitutto non dando valore alla quantità senza qualità (cioè non contando le pubblicazioni), e poi mettendoci la faccia, e la firma.

martedì 17 ottobre 2017

L'erba del vicino (e l'inutilità delle biblioteche e dei bibliotecari)

L'associazione bibliotecaria tedesca (Deutscher Bibliotheksverband) ha pubblicato la sua brochure sulle biblioteche: Report on the State of Libraries in Germany 2017/2018.
(Ma perché 2018, dato che siamo nel 2017, e i dati saranno, nella migliore delle ipotesi, dati 2016? Che domande, siamo innovativi, no? Orientati al futuro. Solo i passatisti stanno ancora nel 2017. E solo i passatisti pensano ancora che bisogna sapere di cosa si sta parlando).

La versione inglese sta a <http://www.bibliotheksverband.de/fileadmin/user_upload/DBV/publikationen/dbv_Bericht_2017_RZ_engl_Web.pdf>.
Poche pagine, piene di chiacchiere sulle tecnologie, come se le biblioteche vendessero apparecchi, ma purtroppo ci siamo abituati.
Qualche fatto?