Valentina ci manda questa storia che abbiamo letto con
interesse (e con raccapriccio) e che abbiamo deciso di condividere con
chi ci segue.
La problematica dei precari e dei volontari dei beni culturali è cosa annosa e risaputa.
Ma non per questo si dovrà cessare di parlarne e di riflettere su di essa. Anzi: in attesa che il MiBACT (e chi altri di dovere) prenda seriamente in carico la questione, ciò che più conta è informare e mantenere sempre accesa l’attenzione sulla piaga in questione: che de-professionalizza gli addetti ai beni culturali, e che svaluta i beni culturali stessi (e che in altre parole, allora, non li «valorizza» né li «tutela», come disporrebbe invece il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, «in attuazione dell’articolo 9 della Costituzione»).
Per questo è importante raccontare la storia di Federica, volontaria della Biblioteca Nazionale di Roma: «volontaria perché da anni non pare ci sia altro modo di inquadrarci che come iscritti ad un associazione di volontariato».
La problematica dei precari e dei volontari dei beni culturali è cosa annosa e risaputa.
Ma non per questo si dovrà cessare di parlarne e di riflettere su di essa. Anzi: in attesa che il MiBACT (e chi altri di dovere) prenda seriamente in carico la questione, ciò che più conta è informare e mantenere sempre accesa l’attenzione sulla piaga in questione: che de-professionalizza gli addetti ai beni culturali, e che svaluta i beni culturali stessi (e che in altre parole, allora, non li «valorizza» né li «tutela», come disporrebbe invece il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, «in attuazione dell’articolo 9 della Costituzione»).
Per questo è importante raccontare la storia di Federica, volontaria della Biblioteca Nazionale di Roma: «volontaria perché da anni non pare ci sia altro modo di inquadrarci che come iscritti ad un associazione di volontariato».