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sabato 18 marzo 2017

L'erba del vicino 2

La letteratura biblioteconomica tende molto, ai nostri tempi, a essere pura autopropaganda e autoconsolazione. Non soltanto - lo si è sempre fatto - preaching to the saved (predicare ai salvati, quelli che già sono convinti che le biblioteche sono importantissime ecc. ecc.), ma - cosa che è molto più grave - predicare che "tutto va bene, madama la Marchesa", le biblioteche sono al centro di tutto, sulla cresta dell'onda, più avanti di chiunque, ecc. ecc.
Il guaio però è che non ci crede nessuno (nessun altro), soprattutto adesso.
(Che in altri momenti, p.es. nei primi anni della diffusione di Internet, siano state davvero avanti, più avanti di altri, è vero, ma erano altri tempi).

L'autoconsolazione a volte serve, ma indulgere fa male. Fa molto male anche credere alla propaganda (auto- e non auto-), e ai miti degli "altri", compresa l'erba del vicino.
Simpatico, a questo proposito, il ritaglio del «Guardian» di Manchester, qui sotto:


22 settembre 1955, congresso della Library Association (britannica, ma l'aggettivo era "imperialmente" sottinteso, dopo i primi anni come "Library Association of the United Kingdom): il ritaglio è di Francesco Barberi, che era in viaggio di studio in Inghilterra in quei giorni e l'ha inserito nelle sue carte, ora conservate all'AIB.
Le biblioteche pubbliche inglesi definite "una squallida farsa"?
Laggards sono quelli arretrati, in ritardo: in molte città anche importanti la spesa per le biblioteche pubbliche risulta ridicola, meno di 10 pence a testa. (Allora, prima della decimalizzazione del 1971, una sterlina era costituita da 240 pence: perciò meno di una sterlina ogni 24 abitanti).
Poi sono arrivati maggiori investimenti, ma allora i bibliotecari sapevano parlare chiaro e dire le cose come stanno.
La Library Association, come si sa, oggi non esiste più, sostituita da un CILIP che sembra un nome da carne in scatola, ha molti meno iscritti della Library Association e naviga in acque poco sicure. Molte biblioteche pubbliche hanno chiuso o ne viene annunciata la chiusura, sono stati persi posti di lavoro a migliaia (in dieci anni, quasi metà dei posti di lavoro per bibliotecari qualificati nelle biblioteche pubbliche), ma riviste e convegni parlano d'altro, o si crogiolano nel raccontarsi quanto sono bravi...

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